IL SETTORE TESSILE IN ITALIA
Il settore tessile è il terzo comparto manifatturiero in Italia dopo quello meccanico e all’automotive. Si tratta, infatti, di una delle eccellenze del nostro made in Italy, un settore che può vantare una tradizione antica, che affonda le sue radici nel territorio, e diversi importanti primati: il nostro Paese, infatti, è infatti il primo esportatore di prodotti tessili in Europa e il terzo nel mondo dopo l’India e la Cina.
In questo nuovo studio del nostro osservatorio vogliamo proporre un’analisi relativa alla popolazione del settore tessile italiano, ossia le industrie tessili che rientrano nella divisione 13 delle attività manifatturiere della classificazione ATECO.
La distribuzione territoriale dell’industria tessile italiana
La popolazione del settore tessile italiano è per lo più localizzata nell’Italia centro-settentrionale: Nord-Ovest (32,8%), Centro Italia (28.8%) e Nord-Est (18,4%). Il restante 20% della popolazione analizzata, invece, si trova nel Sud Italia (16%)e nelle Isole (4%). A livello regionale la Lombardia, con un’incidenza del 23,5% e oltre 3mila imprese, è la regione con il più alto numero di aziende tessili. Seguono la Toscana (21,8%), il Veneto (9%), il Piemonte (8,2%) l’Emilia-Romagna (7,2%), la Campania (6,2%), la Puglia (4,4%), l’Abruzzo (3,2%), le Marche (3%), la Sicilia (2,7%), il Lazio (2,3%), l’Umbria (1,7%), la Calabria (1,6%), la Sardegna (1,3%), il Friuli-Venezia Giulia (1,3%), la Liguria (1%), il Trentino-Alto Adige (0,9%), la Basilicata (0,4%), il Molise (0,2%) e la Valle D’Aosta (0,1%).
La distribuzione a livello provinciale, che ricalca a grandi linee quella regionale, ripercorre la geografia dei distretti industriali che hanno contribuito a rendere grande l’industria tessile italiana: Prato (13%), Varese (4,8%), Milano (4,6%), Pistoia (4%), Como (3,9%), Napoli (3,7%), Biella (3,4%), Modena (3,3%), Bergamo (2,8%), Firenze (2,4%), Torino (2,3%), Brescia (2,2%), Padova (2,2%), Vicenza (2,1%), Treviso (2%) Monza e della Brianza (1,8%) e Perugia (1,6%).
La distribuzione del settore tessile secondo il codice Ateco
La popolazione del settore manifatturiero tessile in Italia è composta da oltre 13mila realtà, la maggior parte è impegnata nel finissaggio dei tessili e degli articoli di vestiario (18,7%), e nel confezionamento della biancheria da letto, da tavola e per l’arredamento (18,3%). Significativa anche la percentuale delle imprese specializzate nella tessitura (il 13,7%), di quelle che lavorano le fibre tessili (10,1%), delle aziende che realizzano articoli in materie tessili (8,9%) e di quelle che producono ricami (8,7%) e tessuti a maglia (4,5%). Poche invece le imprese che realizzano tappeti e moquette, quelle che producono spago, corde, funi e reti (1,3%), le imprese che realizzano tulle, pizzi e merletti (0,8%) e, infine, quelle che producono articoli tessili industriali e tecnici (0,3%).
La propensione all’export e all’innovazione delle industrie tessili
Il settore tessile italiano deve la sua competitività sui mercati internazionali in larga parte agli investimenti in innovazione, alla specializzazione di prodotto e alla sinergia tra la filiera e il retail. In particolare, i principali mercati di sbocco sono sia quelli tradizionali (Europa, USA, Giappone e Russia), sia quelli emergenti come ad esempio il mercato cinese. Il grado di internazionalizzazione del settore è decisamente buono: il 23.5% della popolazione fa registrare uno score alto, il 23,2% ha uno score sopra la media e il 14,6% ha un punteggio nella media. Poche le imprese tessili con uno score basso (4,4%).
Discreto, invece, il livello d’innovazione fatto registrare dalle imprese tessili italiane: il 38,6% del totale aziendale ottiene un punteggio di innovazione basso, il 21,2% un punteggio al di sotto della media, il 13,6% uno score medio, il 12,5% uno sopra la media e il 5% fa registrare uno propensione all’innovazione alta.
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Le caratteristiche del tessuto imprenditoriale del tessile italiano
Il settore, sotto della forma legale adottata, si caratterizza per una presenza massiccia di imprese individuali (41,3%) e di società di capitali (40,9%). In particolare, tra quest’ultime è da segnalare la percentuale delle società a responsabilità limitata (30,3%). Seguono le società di persone con il 17,3% e le altre forme societarie con lo 0,5%.
Sotto il profilo occupazionale il settore tessile italiano negli ultimi tre anni ha visto crescere il numero degli occupati: a dicembre 2022 si contavano oltre 88mila addetti (+2% rispetto al 2021 e +3,8% rispetto al 2020). Nello specifico circa un’impresa tessile su due, il 55,1%, impiega fino a due dipendenti, mentre il numero medio di dipendenti si aggira intorno alle 6,5 unità. Infine, se ci si concentra sull’anzianità aziendale, quella che emerge è un comparto relativamente giovane e in costante crescita sotto il profilo demografico. Infatti, circa un terzo delle imprese tessili italiane, il 33,1% del totale, risulta costituito nell’ultimo decennio (il 13% tra il 2012 e il 2017 e il 20,1% dal 2018 ad oggi).
L’affidabilità economico commerciale del settore tessile
Il settore dal punto di vista del rischio si segnala per un’affidabilità economico commerciale piuttosto bassa (per il calcolo dell’indice sono utilizzate numerose variabili, tra cui informazioni anagrafiche, indici e dati di bilancio, anzianità aziendale, esperienze di pagamento, presenza di informazioni negative). Tra le imprese tessili cui è disponibile il dato, infatti, il 14,7% ha un indice di rischio minimo e il 27,6% ha uno score di rischio più basso della media. Le altre realtà imprenditoriali hanno per il 45,7% una rischiosità più alta della media e per l’8,1% un rischio massimo.
La distribuzione del settore tessile in base al fatturato
Nonostante le difficoltà dovute alla crisi, che ha messo a dura prova il made in Italy in generale, le aziende tessili italiane si stanno rimettendo in carreggiata: il fatturato del settore dopo una flessione (-15,8% tra il 2020 e il 2019) è tornato a crescere (+ 25% tra il 2020 e il 2021). Il valore medio dichiarato dalle realtà del comparto è pari a 1,6 milioni di euro. Nello specifico il 7,7% della popolazione analizzata si attesta nella fascia 100.000 - 499.999 €, il 4,8% nella fascia 500.000 - 999.999 €, il 10% nella fascia 1.000.000 - 4.999.999 €, il 3% nella fascia 5.000.000 - 9.999.999 € e il 3,2% nella fascia 10.000.000 - 49.999.999 €. Solo lo 0,5% fattura più di 50 milioni di euro, mentre il restante 5% fattura meno di 100mila euro.
Il fatturato stimato delle imprese tessili
Le realtà imprenditoriali dell’industria tessile italiana senza obbligo di bilancio, costituite da almeno 365 giorni e con codice ATECO 2007, si attestano per il 6,6% nella fascia inferiore ai 50.000€, per il 17,4% nella fascia 50.000 - 99.999€, per il 25,1% nella fascia 100.000 - 499.999€, per il 2,4% nella fascia 500.000 - 999.999€, per l’1,6% nella fascia 1.000.000 – 4.999.999€ e per lo 0,1% in quella 5.000.000 - 9.999.999€.
Nella classifica delle aziende tessili italiane con il fatturato più alto troviamo:
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