Cosa succede quando non si è in grado di onorare un titolo di credito? Quali sono le conseguenze di un protesto? Com’è possibile rimediare a questa situazione e quanto dura? In questo nuovo articolo del glossario iCRIBIS daremo una risposta a queste domande, definendo cos’è il protesto, cosa comporta e i possibili percorsi che il soggetto protestato può intraprendere.
Cos’è il protesto?
Con il termine protesto viene comunemente indicato un atto pubblico tramite cui un ufficiale giudiziario, un notaio o un segretario comunale attesta il mancato pagamento, o la mancata accettazione di una cambiale, di un assegno o di un vaglia. In sostanza il protesto scatta quando non si onora un titolo di credito, ossia un documento contenente la promessa di effettuare una prestazione, nel caso specifico un pagamento, in favore di un soggetto ricevente.
La durata di un protesto
Una volta iscritto al Registro Informatico dei Protesti, le informazioni relative al protesto saranno conservate per cinque anni dalla data di registrazione. Questo vuol dire che se ad esempio il mancato pagamento è avvenuto nel 2020, sarà registrato nel database fino al 2025. Una volta trascorso tale periodo di tempo il protesto sarà cancellato.
Tuttavia, è possibile cancellare il protesto prima di questo termine in questi casi specifici:
Le conseguenze di un protesto
Una volta effettuato il protesto, questo viene comunicato al presidente della Camera di Commercio competente, che lo pubblicherà entro dieci giorni nell’elenco ufficiale dei protesti, registro pubblico aggiornato ogni mese, che ha lo scopo di proteggere e informare coloro che hanno rapporti economici con i soggetti protestati. Il protesto e l’inserimento nel relativo elenco implicano l’azione di regresso e l’interruzione della prescrizione del debito.
Il protesto produce delle conseguenze piuttosto gravi per chi lo subisce. Infatti, oltre all’iscrizione nel Registro informatico dei protesti, se ci troviamo di fronte al protesto di un assegno si aggiunge anche l’iscrizione alla Centrale di Allarme interbancaria per sei mesi, periodo nel quale non sarà possibile emettere altri assegni. In generale il protesto di un titolo di credito può peggiorare la reputazione creditizia del soggetto debitore. Ad esempio, il protestato riscontrerà maggiori difficoltà nell’ottenere ulteriore credito da parte di qualsiasi istituto bancario. Questa situazione è una grande criticità qualora si gestisca un’attività imprenditoriale. Inoltre, gli esiti del protesto possono concretizzarsi nell’azione legale da parte del soggetto creditore, che può concretizzarsi anche nel pignoramento dei beni.
Come rimediare ad un protesto
Ci sono due modi per rimediare ad un protesto, evitando così ulteriori provvedimenti.
Nel caso di un assegno, l’interessato ha sessanta giorni di tempo per provvedere al pagamento della somma dovuta più la penale. Trascorso questo tempo, l’ufficiale giudiziario comunicherà alla Prefettura competente il nominativo del soggetto protestato. Quest’ultima comminerà una sanzione monetaria e segnalerà il debitore alla Banca d’Italia per l’inserimento nella Centrale di Allarme Interbancaria (CAI). In questo modo il protestato non potrà emettere assegni per i sei mesi successivi.
Se si effettua il pagamento nei tempi stabiliti, bisognerà poi fare domanda di riabilitazione al presidente del tribunale della provincia dove si ha la residenza. A seguito di ciò, trascorso un anno dalla levata del protesto e se non si è protestati di nuovo, si potrà richiedere la cancellazione dal registro informatico dei protesti all’ufficio protesti.
Nel caso di una cambiale, invece, il soggetto debitore avrà un anno per corrispondere la somma dovuta e chiedere la cancellazione dall’Elenco Ufficiale dei Protesti, presentando un’istanza all’Ufficio Protesti della Camera di Commercio competente. Se si va oltre il termine di un anno, la cancellazione dal registro sarà possibile solo dopo l’ottenimento della riabilitazione.