Le liquidazioni giudiziali in Italia: l’analisi completa sul 2024
Le liquidazioni giudiziali in Italia nel 2024
Una società di capitali appartenente all’edilizia e con sede in Lombardia: queste sono le caratteristiche principali di un’impresa sottoposta a liquidazione giudiziale nel 2024 in Italia. Come di consueto, si rinnova il nostro appuntamento con la demografia delle aziende italiane. In particolare, in questo studio, ci occuperemo proprio dei fallimenti, cercando di analizzare la loro distribuzione territoriale, e la composizione del tessuto imprenditoriale della popolazione soggetta a questo fenomeno.
Il Trend mensile delle liquidazioni giudiziali
Le liquidazioni giudiziali registrate nel nostro Paese nel corso del 2024 sono 9.243 (+19,7% rispetto all’anno precedente), circa 25,3 casi ogni giorno e in progressivo allineamento con il periodo prima della pandemia: nel 2019 , infatti, si erano registrate circa 11.044 casi di liquidazione giudiziale.
La distribuzione mensile evidenzia un primo trimestre con una numerosità particolarmente alta. Infatti, lo stock di imprese in liquidazione giudiziale nei primi tre mesi dell’anno è pari a 2.762 casi, circa il 29,9% del totale della popolazione analizzata. Anche in tal caso i dati mostrano allineamento nel numero di liquidazioni al periodo subito precedente alla pandemia: nel 2019 le liquidazioni giudiziali nel primo trimestre erano 2.867.
La sequenza completa mensile delle liquidazioni giudiziali del 2024 è la seguente: gennaio (922), febbraio (909), marzo (931), aprile (838), maggio (829), giugno (704), luglio (846), agosto (342), settembre (704), ottobre (705), novembre (672), dicembre (841), delineando un trend tipico con un rallentamento nel terzo trimestre (1892), e un successivo aumento nel quarto trimestre (2218).

La distribuzione geografica dei fallimenti in Italia
A livello territoriale si può apprezzare una relazione ormai nota tra peso dei sistemi produttivi locali e numero di liquidazioni giudiziali. Queste ultime, infatti, sono più numerose nelle regioni italiane dove è maggiore la concentrazione di imprese. Il ranking regionale vede la Lombardia come la regione più colpita con 1.787 casi (il 19,3%), seguono Veneto (984), Lazio (795), Toscana (768) ed Emilia-Romagna (712). Completano il quadro Campania (695), Sicilia (682), Piemonte (564), Puglia (502), Marche (274), Umbria (263), Abruzzo (250), Liguria (224), Calabria (222), Sardegna (193), Trentino-Alto Adige (123), Friuli-Venezia Giulia (111), Molise (57), Basilicata (31) e Valle d’Aosta (6).
A livello provinciale, il numero più alto di casi viene registrato a Milano (709) e Roma (568), seguite da Torino (313) e Firenze (261), coerentemente con la distribuzione dei principali poli urbani e produttivi nazionali. Nelle prime venti compaiono anche Venezia (228), Perugia (216), Padova (215), Bergamo (209), Brescia (207), Catania (206), Bologna (200), Bari (196), Verona (174), Varese (162), Vicenza (161), Monza e Brianza (154), Palermo (151), Caserta (148), Modena (135) e Treviso (131).
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Il settore Ateco delle imprese fallite nel 2024
Guardando invece ai singoli settori d’attività, si nota un importante numero di liquidazioni giudiziali che interessa alcune categorie specifiche come edilizia, logistica, immobiliare e Horeca. Tra i settori maggiormente rappresentati, infatti, ci sono la costruzione di edifici residenziali e non residenziali con 774 casi (Ateco 41.20), il trasporto di merci su strada con 226 casi (Ateco 49.41), la compravendita di beni immobili su beni propri con 216 casi (Ateco 68.11) e la ristorazione con somministrazione con 161 casi (Ateco 56.10.11).
Altri comparti con un’incidenza degna di nota sono l’installazione di impianti elettrici con 103 casi (Ateco 43.21), i bar e altri esercizi senza cucina con 73 casi (Ateco 56.30), la fabbricazione di strutture metalliche con 63 casi (Ateco 25.11) e gli alberghi e strutture simili con 57 casi (Ateco 55.10), con segnali di stress diffuso anche nei servizi al consumo e nelle filiere dell’industria metalmeccanica.
Dimensione e profilo organizzativo delle aziende fallite
Le società di capitali concentrano la maggioranza delle procedure con 7.396 casi (l’80% del totale), seguite dalle società di persone 1.339 casi (14,5%), dalle imprese individuali con 504 (5,4%), mentre le altre forme organizzative sono residuali con soli 4 casi (0,1%). La distribuzione per forma giuridica suggerisce che il rischio di default si manifesta maggiormente nell’universo societario più strutturato, pur con un numero non trascurabile di piccole realtà personali e collettive.
La mediana dei dipendenti è pari a 1 mentre la media è uguale a 2,41, e indicano che il fallimento colpisce prevalentemente le microimprese (realtà con un numero di dipendenti inferiore a 10 e il cui fatturato o totale di bilancio annuo non superi 2 milioni di euro), riflettendo la base dimensionale del tessuto produttivo italiano e la maggiore vulnerabilità a shock di liquidità e margini.
Infine, il dato riguardante il fatturato, tenendo presente che i bilanci al momento disponibili sono relativi a soli 994 casi (il 10,7% del totale), mostra una mediana di 243.196€ e una media elevata per effetto di pochi valori molto alti, motivo per cui la metrica di tendenza centrale è più informativa della media nel descrivere il caso tipico.

La propensione all’innovazione e al digitale delle attività di catering
Nonostante il digitale e l’innovazione siano ormai parte integrante dell'offerta ristorativa, il settore catering si dimostra ancora in controtendenza. La popolazione del settore, infatti, ha un grado di innovazione piuttosto modesto: i servizi di catering con un punteggio d’innovazione alto, infatti, sono solo il 2,5%, quelli che fanno registrare uno score sopra la media sono il 14,6% e quelli nella media il 16,3%. Al contrario, le realtà con un punteggio sotto la media sono il 25,2%, mentre quelle con uno una propensione all’innovazione bassa sono il 35,4%. Anche il grado di digitalizzazione della popolazione analizzata è basso. Le imprese di catering che hanno un’attitudine al digital alta sono il 5,6%, quelle con un punteggio sopra la media il 10,8% e quelle nella media l’8,8%. Al contrario, i servizi di catering con una propensione al digitale bassa sono il 35,4%, mentre quelli con un punteggio sotto la media sono addirittura il 25,2%.
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