I NUMERI DELL'INDUSTRIA ALIMENTARE ITALIANA


L’industria alimentare con circa 179 miliardi di euro di fatturato e oltre 50 miliardi di export all’anno, è uno dei settori più importanti del “Made in Italy”. Questo è quanto emerge dal recente report di Federalimentare-Censis "Il valore economico e sociale dell'industria alimentare italiana".
In questo nuovo studio del nostro osservatorio proponiamo un’analisi della food industry tricolore, concentrandoci in particolare sulle realtà che rientrano nel gruppo 10.8 della produzione di altri prodotti alimentari (preparati per minestre, brodi, caffè, estratti, prodotti derivati dalle uova, ecc.) della classificazione delle attività economiche ATECO.

alimentare

La distribuzione territoriale dell’industria alimentare italiana

La distribuzione della popolazione indagata è piuttosto omogenea tra le varie aree del Paese: il 23,4% nel Nord-Ovest, il 19,8% nel Nord-Est, il 18,9% nel Centro Italia, il 24,7% nel Sud e il restante 13,2% nelle Isole. A livello regionale la Lombardia, con un’incidenza del 12% e oltre seicento imprese, è la regione con il più alto numero di aziende produttrici di altri prodotti alimentari. Completano le prime dieci posizioni della classifica regionale la Campania (11%), la Sicilia (10,2%), l’Emilia-Romagna (9,1%), il Piemonte (7,9%), il Lazio (7,7%), il Veneto (7,6%), la Toscana (6,6%), la Puglia (5,3%) e la Calabria (3,7%). Nelle ultime tre posizioni, invece, troviamo il Molise (0,9%), la Basilicata (0,8%) e la Valle d’Aosta (0,2%).

La distribuzione della popolazione secondo il codice ATECO

La popolazione del settore della produzione di altri prodotti alimentari è composta da oltre 5mila realtà (l’8,6% dell’industria alimentare), buona parte di queste è impegnata nella lavorazione del caffè (18.4%) e nella produzione di cacao, cioccolato, caramelle e confetteria (13%). Significativa anche la percentuale delle aziende che producono pasti e piatti pronti di altri prodotti alimentari (10,4%), di quelle che producono spezie e condimenti (6,3%) e di quelle che realizzano preparati omogeneizzati e alimenti dietetici (5,9%). Poche, invece, le imprese che producono piatti pronti a base di pesce (1,2%), quelle che si occupano della lavorazione del tè e di altri preparati per infusi (1%), le imprese dedite alla produzione di piatti pronti a base di ortaggi (0,9%) e, infine, quelle che producono zucchero (0,4%).

La propensione all’export

L’industria alimentare italiana con circa 50 miliardi all’anno si posiziona al secondo posto per valore dell’export nelle graduatorie dei settori manifatturieri italiani.

alimentare

Il valore delle esportazioni dell’industria agroalimentare è praticamente raddoppiato negli ultimi dieci anni, evidenziando l’importanza che l'internazionalizzazione riveste per questo settore strategico della nostra economia.
Il grado di internazionalizzazione della popolazione analizzata, infatti, è buono: l’11,3% della popolazione fa registrare uno score alto, il 13% fa registrare un punteggio sopra la media e il 16,2% uno score nella media. Le aziende alimentari con uno score al di sotto della media sono il 34,8% mentre quelle con un punteggio basso il 12,6%.

 

La digital attitude e la tendenza all’innovazione

La trasformazione digitale e l’industria 4.0 hanno portato ad una vera e propria rivoluzione dell’industria alimentare. Innovazione e digitale, infatti, sono centrali sia in ottica di ripetibilità dei processi, sia per quanto riguarda la tracciabilità della filiera, per competere in un mercato globale sempre più complesso e dinamico. Nonostante questa consapevolezza, le aziende produttrici di altri generi alimentari hanno un rapporto col digitale piuttosto acerbo. Infatti, il 42,4% del totale della popolazione fa registrare un punteggio basso, il 5,8% uno score sotto la media, il 7,3% uno score medio, il 10,8% uno sopra la media e il 12,7% un'attitudine al digitale alta.
Situazione lievemente migliore dal punto di vista dell’innovazione: il 22,6% della popolazione fa registrare uno score basso, il 18% fa registrare un punteggio sotto la media e il 14% uno score nella media. Le imprese con uno score al di sopra della media sono il 18,4% mentre quelle con uno score d’innovazione alto sono solo il 5,9% del totale.

Il tessuto imprenditoriale del comparto

alimentare

Il settore si caratterizza per una presenza notevole di imprese individuali (29,6%) e società di capitali (52,4%). In particolare, tra quest’ultime, il 38,7% sono società a responsabilità limitata e il 3% società per azioni. Le società di persone sono il 17% mentre le altre forme societarie il restante 1%.
Sotto il profilo occupazionale il settore nell’ultimo triennio ha visto una crescita costante dei dipendenti: a dicembre 2022 si contavano quasi 55mila addetti (+3% rispetto al 2021 e addirittura +10,7% rispetto al 2020).

alimentare

Nello specifico, circa un’impresa produttrice di altri prodotti alimentari su due, il 49,2%, impiega fino a due dipendenti, mentre il numero medio di dipendenti si aggira intorno alle 10,4 unità. Se ci si concentra sulla compagine sociale, emerge un’importante presenza in termini di imprenditoria femminile. Infatti, le attività che sono a titolarità femminile o nelle quali i soci sono a maggioranza donne sono il 22,4% delle imprese totali. La presenza femminile è esclusiva nel 13,9% dei casi e forte nel 6,5% dei casi.

 

L’affidabilità economico commerciale del settore alimentare

Il settore dal punto di vista del rischio si segnala per un’affidabilità economico commerciale media (per il calcolo dell’indice sono utilizzate numerose variabili, tra cui informazioni anagrafiche, indici e dati di bilancio, anzianità aziendale, esperienze di pagamento, presenza di informazioni negative). Tra le imprese produttrici di altri beni alimentari di cui è disponibile il dato, infatti, l’11,2% ha un indice di rischio minimo e il 20,4% ha uno score di rischio più basso della media. Le altre realtà imprenditoriali hanno per il 45,6% una rischiosità più alta della media e per il 12,2% un rischio massimo.

La distribuzione della popolazione in base al fatturato

Nonostante la crisi, il fatturato del settore è cresciuto del +12,5% tra il 2019 e il 2021. Il valore medio dichiarato dalle realtà del comparto è pari a circa 3 milioni di euro. Nello specifico, il 9,4% della popolazione analizzata si attesta nella fascia 100.000 - 499.999 €, il 5,2% nella fascia 500.000 - 999.999 €, il 9,9% nella fascia 1.000.000 - 4.999.999 €, il 3% nella fascia 5.000.000 - 9.999.999 € e il 3,5% nella fascia 10.000.000 - 49.999.999 €. Solo l’1,6% fattura più di 50 milioni di euro, mentre il restante 9,6% fattura meno di 100mila euro annui.

Il fatturato stimato delle imprese alimentari

Le realtà imprenditoriali della popolazione analizzata si attestano per l’8,1% nella fascia di fatturato stimato inferiore ai 50.000€, per il 7,8% nella fascia 50.000 - 99.999€, per il 26,6% nella fascia 100.000 - 499.999€, per il 2% nella fascia 500.000 - 999.999€, per l’1,4% nella fascia 1.000.000 – 4.999.999€ e per lo 0,1% in quella 5.000.000 - 9.999.999€.

Nella classifica delle aziende alimentari italiane con il fatturato più alto troviamo:


CHI SIAMO?

iCRIBIS, è il canale e-commerce di Cribis D&B per accedere alla banca dati di Informazioni Commerciali sulle imprese. iCRIBIS soddisfa le esigenze di piccole imprese e professionisti, che hanno la necessità di tutelare i propri crediti e di ridurre gli insoluti. E' la scelta quotidiana di migliaia di piccole aziende e privati che, in modo semplice e conveniente, riescono a informarsi su clienti, fornitori e concorrenti, con la garanzia di dati di qualità, accessibili in qualsiasi momento direttamente online.

I NUMERI DELL'INDUSTRIA ALIMENTARE ITALIANA


L’industria alimentare con circa 179 miliardi di euro di fatturato e oltre 50 miliardi di export all’anno, è uno dei settori più importanti del “Made in Italy”. Questo è quanto emerge dal recente report di Federalimentare-Censis "Il valore economico e sociale dell'industria alimentare italiana".
In questo nuovo studio del nostro osservatorio proponiamo un’analisi della food industry tricolore, concentrandoci in particolare sulle realtà che rientrano nel gruppo 10.8 della produzione di altri prodotti alimentari (preparati per minestre, brodi, caffè, estratti, prodotti derivati dalle uova, ecc.) della classificazione delle attività economiche ATECO.

alimentare

La distribuzione territoriale dell’industria alimentare italiana

La distribuzione della popolazione indagata è piuttosto omogenea tra le varie aree del Paese: il 23,4% nel Nord-Ovest, il 19,8% nel Nord-Est, il 18,9% nel Centro Italia, il 24,7% nel Sud e il restante 13,2% nelle Isole. A livello regionale la Lombardia, con un’incidenza del 12% e oltre seicento imprese, è la regione con il più alto numero di aziende produttrici di altri prodotti alimentari. Completano le prime dieci posizioni della classifica regionale la Campania (11%), la Sicilia (10,2%), l’Emilia-Romagna (9,1%), il Piemonte (7,9%), il Lazio (7,7%), il Veneto (7,6%), la Toscana (6,6%), la Puglia (5,3%) e la Calabria (3,7%). Nelle ultime tre posizioni, invece, troviamo il Molise (0,9%), la Basilicata (0,8%) e la Valle d’Aosta (0,2%).

La distribuzione della popolazione secondo il codice ATECO

La popolazione del settore della produzione di altri prodotti alimentari è composta da oltre 5mila realtà (l’8,6% dell’industria alimentare), buona parte di queste è impegnata nella lavorazione del caffè (18.4%) e nella produzione di cacao, cioccolato, caramelle e confetteria (13%). Significativa anche la percentuale delle aziende che producono pasti e piatti pronti di altri prodotti alimentari (10,4%), di quelle che producono spezie e condimenti (6,3%) e di quelle che realizzano preparati omogeneizzati e alimenti dietetici (5,9%). Poche, invece, le imprese che producono piatti pronti a base di pesce (1,2%), quelle che si occupano della lavorazione del tè e di altri preparati per infusi (1%), le imprese dedite alla produzione di piatti pronti a base di ortaggi (0,9%) e, infine, quelle che producono zucchero (0,4%).

La propensione all’export

L’industria alimentare italiana con circa 50 miliardi all’anno si posiziona al secondo posto per valore dell’export nelle graduatorie dei settori manifatturieri italiani.

alimentare

Il valore delle esportazioni dell’industria agroalimentare è praticamente raddoppiato negli ultimi dieci anni, evidenziando l’importanza che l'internazionalizzazione riveste per questo settore strategico della nostra economia.
Il grado di internazionalizzazione della popolazione analizzata, infatti, è buono: l’11,3% della popolazione fa registrare uno score alto, il 13% fa registrare un punteggio sopra la media e il 16,2% uno score nella media. Le aziende alimentari con uno score al di sotto della media sono il 34,8% mentre quelle con un punteggio basso il 12,6%.

 

La digital attitude e la tendenza all’innovazione

La trasformazione digitale e l’industria 4.0 hanno portato ad una vera e propria rivoluzione dell’industria alimentare. Innovazione e digitale, infatti, sono centrali sia in ottica di ripetibilità dei processi, sia per quanto riguarda la tracciabilità della filiera, per competere in un mercato globale sempre più complesso e dinamico. Nonostante questa consapevolezza, le aziende produttrici di altri generi alimentari hanno un rapporto col digitale piuttosto acerbo. Infatti, il 42,4% del totale della popolazione fa registrare un punteggio basso, il 5,8% uno score sotto la media, il 7,3% uno score medio, il 10,8% uno sopra la media e il 12,7% un'attitudine al digitale alta.
Situazione lievemente migliore dal punto di vista dell’innovazione: il 22,6% della popolazione fa registrare uno score basso, il 18% fa registrare un punteggio sotto la media e il 14% uno score nella media. Le imprese con uno score al di sopra della media sono il 18,4% mentre quelle con uno score d’innovazione alto sono solo il 5,9% del totale.

Il tessuto imprenditoriale del comparto

alimentare

Il settore si caratterizza per una presenza notevole di imprese individuali (29,6%) e società di capitali (52,4%). In particolare, tra quest’ultime, il 38,7% sono società a responsabilità limitata e il 3% società per azioni. Le società di persone sono il 17% mentre le altre forme societarie il restante 1%.
Sotto il profilo occupazionale il settore nell’ultimo triennio ha visto una crescita costante dei dipendenti: a dicembre 2022 si contavano quasi 55mila addetti (+3% rispetto al 2021 e addirittura +10,7% rispetto al 2020).

alimentare

Nello specifico, circa un’impresa produttrice di altri prodotti alimentari su due, il 49,2%, impiega fino a due dipendenti, mentre il numero medio di dipendenti si aggira intorno alle 10,4 unità. Se ci si concentra sulla compagine sociale, emerge un’importante presenza in termini di imprenditoria femminile. Infatti, le attività che sono a titolarità femminile o nelle quali i soci sono a maggioranza donne sono il 22,4% delle imprese totali. La presenza femminile è esclusiva nel 13,9% dei casi e forte nel 6,5% dei casi.

 

L’affidabilità economico commerciale del settore alimentare

Il settore dal punto di vista del rischio si segnala per un’affidabilità economico commerciale media (per il calcolo dell’indice sono utilizzate numerose variabili, tra cui informazioni anagrafiche, indici e dati di bilancio, anzianità aziendale, esperienze di pagamento, presenza di informazioni negative). Tra le imprese produttrici di altri beni alimentari di cui è disponibile il dato, infatti, l’11,2% ha un indice di rischio minimo e il 20,4% ha uno score di rischio più basso della media. Le altre realtà imprenditoriali hanno per il 45,6% una rischiosità più alta della media e per il 12,2% un rischio massimo.

La distribuzione della popolazione in base al fatturato

Nonostante la crisi, il fatturato del settore è cresciuto del +12,5% tra il 2019 e il 2021. Il valore medio dichiarato dalle realtà del comparto è pari a circa 3 milioni di euro. Nello specifico, il 9,4% della popolazione analizzata si attesta nella fascia 100.000 - 499.999 €, il 5,2% nella fascia 500.000 - 999.999 €, il 9,9% nella fascia 1.000.000 - 4.999.999 €, il 3% nella fascia 5.000.000 - 9.999.999 € e il 3,5% nella fascia 10.000.000 - 49.999.999 €. Solo l’1,6% fattura più di 50 milioni di euro, mentre il restante 9,6% fattura meno di 100mila euro annui.

Il fatturato stimato delle imprese alimentari

Le realtà imprenditoriali della popolazione analizzata si attestano per l’8,1% nella fascia di fatturato stimato inferiore ai 50.000€, per il 7,8% nella fascia 50.000 - 99.999€, per il 26,6% nella fascia 100.000 - 499.999€, per il 2% nella fascia 500.000 - 999.999€, per l’1,4% nella fascia 1.000.000 – 4.999.999€ e per lo 0,1% in quella 5.000.000 - 9.999.999€.

Nella classifica delle aziende alimentari italiane con il fatturato più alto troviamo:


CHI SIAMO?

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