EXPORT ONLINE


Il 2016 si è chiuso con un surplus commerciale di circa 51,6 miliardi di euro e con le esportazioni che toccano quota 417 miliardi di euro (Istat). Mai così bene, i dati confermano la ripresa dell’export in un anno particolarmente complicato per gli scambi a livello globale. Ma come è possibile cogliere a pieno questa tendenza? Quali sono le prospettive, i mercati di riferimento, i canali usati e soprattutto quelli su cui puntare per il prossimo futuro? A queste e ad altre domande ha cercato di rispondere la ricerca sull’export nel mondo B2B effettuata da Cribis D&B in collaborazione con Osservatori Digital Innovation School of Management del Politecnico di Milano.

La ricerca, effettuata con una survey on-line su un campione rappresentativo di aziende operanti nel business to business (B2B), ha fornito interessanti spunti di riflessione per poter capire lo stato attuale dell’export, le problematiche e le possibili linee evolutive future.

Il primo dato significativo riguarda i canali utilizzati per esportare. L’83% degli intervistati, infatti, dichiara di utilizzare in maniera esclusiva i canali tradizionali, mentre il restante 17% utilizza in maniera complementare le potenzialità offerte dall’on-line per esportare all’estero. Tra quest’ultimi significativo il 10% che implementa in maniera coordinata entrambi i canali per tutti i mercati presidiati.

Anche se lo stato attuale sembra consolidato verso i canali off-line, lo stesso non sembra per quanto riguarda le scelte strategiche in prospettiva futura. Infatti, in un contesto generale dove si prevede un generale aumento del peso percentuale dell’export sul fatturato (il 54% degli intervistati), il 40% delle aziende manifesta la volontà concreta di potenziare l’utilizzo dei canali digitali in un’ottica strategica di breve e lungo periodo. Insomma si ripropone il dubbio amletico che attanaglia buona parte delle PMI italiane: essere o non essere on-line per fare export?

Chi decide di esportare attraverso i canali digitali nel 53% dei casi ne utilizza uno di export on-line “diretto”, ossia quello dove l’interazione con il cliente finale avviene attraverso un operatore con ragione sociale italiana. Nello caso specifico il 23% utilizza il proprio sito internet, il 15% una piattaforma e-commerce italiana e il 15% un sito retailer italiano. Per quanto riguarda invece l’export on-line “indiretto”, il 16% si avvale di un e-commerce straniero, il 16% di un retailer on-line straniero e il restante 15% di un sito di vendite private internazionali.

È interessante notare come per chi sceglie la via dell’on-line i mercati di sbocco dei nostri prodotti siano principalmente la Germania (50%), l’Europa dell’Est (37,5%), l’Asia (25%), gli Emirati Arabi Uniti (25%) e gli Stati Uniti (12,5%). Al contrario nessun intervistato ha indicato il mercato cinese, obiettivo ancora appetibile, nonostante la svalutazione dello yuan, in quanto in grado di offrire margini di crescita molto interessanti.   

Ma a volte l’appetibilità e le prospettive, seppur ottime, di crescita di un mercato non bastano. L’utilizzo dei canali digitali per l’export comporta tutta una serie di problematiche che devono essere affrontate come: la gestione delle spedizioni in tempi certi, la logistica, i resi, i costi di trasporto, i costi doganali, i pagamenti on-line, il rischio di credito, l’adeguamento alle normative locali e in alcuni casi specifici anche forme di contabilità digitale. Secondo la quasi totalità degli intervistati l’export on-line non permetterebbe di migliorare la performance nei campi citati, sostanzialmente quest’ultime rimarrebbero inalterate e non giustificherebbero quindi l’investimento per attivare canali d’esportazione on-line alternativi a quelli tradizionali.   

In definitiva quello che emerge dalla ricerca è che, nonostante “export on-line” sia il mantra dell’attuale economia, la realtà imprenditoriale italiana tradisce dei ritardi culturali e organizzativi rispetto agli altri paesi dove quest’ultimo è un canale oramai consolidato. Le aziende B2B italiane che esportano on-line sembrano affidarsi prevalentemente al proprio sito internet, ad un e-commerce o un sito retailer italiani (export on-line diretto). Il mercato presidiato maggiormente è quello europeo (Germania ed Europa orientale), mentre, nessun intervistato indica la Cina, paese dove si preferisce ancora la rete fisica di importatori, poiché non si colgono le potenzialità e i vantaggi derivanti dall’utilizzo dei nuovi mezzi on-line.  

EXPORT ONLINE


Il 2016 si è chiuso con un surplus commerciale di circa 51,6 miliardi di euro e con le esportazioni che toccano quota 417 miliardi di euro (Istat). Mai così bene, i dati confermano la ripresa dell’export in un anno particolarmente complicato per gli scambi a livello globale. Ma come è possibile cogliere a pieno questa tendenza? Quali sono le prospettive, i mercati di riferimento, i canali usati e soprattutto quelli su cui puntare per il prossimo futuro? A queste e ad altre domande ha cercato di rispondere la ricerca sull’export nel mondo B2B effettuata da Cribis D&B in collaborazione con Osservatori Digital Innovation School of Management del Politecnico di Milano.

La ricerca, effettuata con una survey on-line su un campione rappresentativo di aziende operanti nel business to business (B2B), ha fornito interessanti spunti di riflessione per poter capire lo stato attuale dell’export, le problematiche e le possibili linee evolutive future.

Il primo dato significativo riguarda i canali utilizzati per esportare. L’83% degli intervistati, infatti, dichiara di utilizzare in maniera esclusiva i canali tradizionali, mentre il restante 17% utilizza in maniera complementare le potenzialità offerte dall’on-line per esportare all’estero. Tra quest’ultimi significativo il 10% che implementa in maniera coordinata entrambi i canali per tutti i mercati presidiati.

Anche se lo stato attuale sembra consolidato verso i canali off-line, lo stesso non sembra per quanto riguarda le scelte strategiche in prospettiva futura. Infatti, in un contesto generale dove si prevede un generale aumento del peso percentuale dell’export sul fatturato (il 54% degli intervistati), il 40% delle aziende manifesta la volontà concreta di potenziare l’utilizzo dei canali digitali in un’ottica strategica di breve e lungo periodo. Insomma si ripropone il dubbio amletico che attanaglia buona parte delle PMI italiane: essere o non essere on-line per fare export?

Chi decide di esportare attraverso i canali digitali nel 53% dei casi ne utilizza uno di export on-line “diretto”, ossia quello dove l’interazione con il cliente finale avviene attraverso un operatore con ragione sociale italiana. Nello caso specifico il 23% utilizza il proprio sito internet, il 15% una piattaforma e-commerce italiana e il 15% un sito retailer italiano. Per quanto riguarda invece l’export on-line “indiretto”, il 16% si avvale di un e-commerce straniero, il 16% di un retailer on-line straniero e il restante 15% di un sito di vendite private internazionali.

È interessante notare come per chi sceglie la via dell’on-line i mercati di sbocco dei nostri prodotti siano principalmente la Germania (50%), l’Europa dell’Est (37,5%), l’Asia (25%), gli Emirati Arabi Uniti (25%) e gli Stati Uniti (12,5%). Al contrario nessun intervistato ha indicato il mercato cinese, obiettivo ancora appetibile, nonostante la svalutazione dello yuan, in quanto in grado di offrire margini di crescita molto interessanti.   

Ma a volte l’appetibilità e le prospettive, seppur ottime, di crescita di un mercato non bastano. L’utilizzo dei canali digitali per l’export comporta tutta una serie di problematiche che devono essere affrontate come: la gestione delle spedizioni in tempi certi, la logistica, i resi, i costi di trasporto, i costi doganali, i pagamenti on-line, il rischio di credito, l’adeguamento alle normative locali e in alcuni casi specifici anche forme di contabilità digitale. Secondo la quasi totalità degli intervistati l’export on-line non permetterebbe di migliorare la performance nei campi citati, sostanzialmente quest’ultime rimarrebbero inalterate e non giustificherebbero quindi l’investimento per attivare canali d’esportazione on-line alternativi a quelli tradizionali.   

In definitiva quello che emerge dalla ricerca è che, nonostante “export on-line” sia il mantra dell’attuale economia, la realtà imprenditoriale italiana tradisce dei ritardi culturali e organizzativi rispetto agli altri paesi dove quest’ultimo è un canale oramai consolidato. Le aziende B2B italiane che esportano on-line sembrano affidarsi prevalentemente al proprio sito internet, ad un e-commerce o un sito retailer italiani (export on-line diretto). Il mercato presidiato maggiormente è quello europeo (Germania ed Europa orientale), mentre, nessun intervistato indica la Cina, paese dove si preferisce ancora la rete fisica di importatori, poiché non si colgono le potenzialità e i vantaggi derivanti dall’utilizzo dei nuovi mezzi on-line.  

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