EBITDA è uno degli indicatori più utilizzati da chi si occupa dell’analisi dei bilanci aziendali. Infatti, è grazie a questo indice di performance che è possibile avere una visuale più chiara rispetto a quanto un’azienda sia in grado di realizzare profitti dalla sua gestione ordinaria.
In questo nuovo approfondimento del glossario iCribis tratteremo proprio questo importante indicatore, vedendo nel dettaglio come può essere calcolato e interpretato.
EBITDA è l’acronimo di Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization, la cui traduzione in italiano può essere resa con gli utili prima degli interessi, le tasse, il deprezzamento dei beni e gli ammortamenti.
È un dato molto utile per analizzare lo stato di salute e l’andamento di una realtà imprenditoriale. Grazie a questo indice, infatti, è possibile valutare se un’impresa ha la possibilità di produrre un certo valore attraverso la gestione operativa, ossia il suo vero e proprio core business, entro un determinato orizzonte temporale.
L’EBITDA molto spesso viene associato al margine operativo lordo o MOL, tuttavia questi due indicatori non sono la stessa cosa. La differenza principale tra i due indici risiede nel ruolo che hanno gli accantonamenti. Quest’ultima voce, infatti, nel calcolo del margine operativo lordo, al contrario dell’ EBITDA, non è contemplata.
Per tale ragione il valore dell’EBITDA tende a essere minore rispetto a quello del MOL, determinando così una stima più cauta del flusso di cassa. Una differenza sostanziale che va tenuta in debita considerazione, in particolare quando il margine è utilizzato per valutare la sostenibilità del debito attraverso l’analisi del rapporto Debt/EBITDA.
Inoltre l’utilizzo dell’EBITDA è preferibile in quanto è molto coerente con la variazione del capitale circolante. Quindi quando vogliamo calcolare un cash flow, utilizzare l’EBITDA a confronto con la variazione del capitale circolante permette di eseguire un calcolo corretto.
Una volta capita l’importanza dell’EBITDA e la differenza con il margine operativo lordo (MOL), passiamo ora al suo calcolo.
Per prima cosa è necessario procedere alla riclassificazione del conto economico. Infatti, l’EBITDA è un indice che normalmente non è presente nei classici prospetti di bilancio aziendale. Lo schema di riclassificazione utilizzato nella seguente tabella è quello maggiormente diffuso del “valore aggiunto”.
Una volta effettuata la riclassificazione si può quindi procedere utilizzando le seguenti formule:
EBITDA=UTILE + LE TASSE+ GLI INTERESSI + SVALUTAZIONI + AMMORTAMENTI
Nel nostro caso l’azienda avrà il seguente Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization 25.000 € + 10.000 € + 6.000 € + 9.000 € = 50.000 €
EBITDA= VALORE DELLA PRODUZIONE - COSTI ESTERNI - COSTI PER IL PERSONALE
Applicando questa seconda formula avremo 100.000 € - 25.000 € - 25.000 € = 50.000 €
Il margine EBITDA indica il rapporto tra l’indicatore di redditività Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization e il valore della produzione. La formula per il calcolo è la seguente:
MARGINE EBITDA= EBITDA/VALORE DELLA PRODUZIONE * 100%
Supponiamo di avere un’impresa che ha un EBITDA pari a 50.000 € e una produzione di 500.000 €. Applicando la formula otterremo:
MARGINE EBITDA= 50.000 €/500.000 € + 100% =10%
Significa che per ogni 100€ di fatturato, l’azienda in questione avrà a disposizione 10€ per coprire i costi dell’attività aziendale.
È importante sottolineare come il valore ottimale del margine vari da settore a settore. Infatti, ad esempio, se consideriamo una società operante nel settore del commercio all’ingrosso, un valore del 5,5% è considerato un risultato nella media. Per un’azienda che opera nel settore delle industrie alimentari, invece, lo stesso valore è valutato come deludente, poiché al di sotto della media del settore del 7%.
L’EBITDA adjusted vuol dire che è rettificato dalle componenti di natura straordinaria. In altri termini si intende l’utile o la perdita che un’impresa consegue in assenza delle componenti non ricorrenti, ad esempio l’avviamento o le svalutazioni/rivalutazioni del magazzino.
Escludendo dal calcolo le componenti straordinarie, l’investitore riuscirà a effettuare delle comparazioni più affidabili e non influenzabili dai ricavi conseguiti solo in un particolare esercizio. Le rettifiche apportate sono molte e possono variare in base al settore e al caso specifico. Alcuni esempi di elementi di rettifica sono:
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